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A proposito di sicurezza strdale, si sente spesso parlare di “Abbassare i limiti di velocità” o di “Imporre limiti di velocità più severi”, due temi che mi sembra di poter accomunare. La mia azienda non ha mai ricavato alcunché dalle sanzioni elevate dai propri clienti. Se lo avessi fatto, probabilmente non sarei a scrivere dal mio ufficio, dove lavoro 8/10 ore al giorno, ma in qualche resort di lusso in giro per il mondo per 10 mesi all’anno, e gli altri 2 a riposarmi dal viaggio. O, magari, sarei ospite delle patrie galere per avere commesso, attratto da cotanti guadagni, gravi illeciti ma, soprattutto, per essere stato scoperto sul più bello.

Tale scherzosa premessa non le sembri incoerente con il prosieguo. La mia osservazione sui limiti di velocità, infatti, deriva sia dall’esperienza di conducente, di ormai lungo corso, ma anche e soprattutto di testimone della facilità con la quale, impostando gli Autovelox che la mia azienda produce dal 1974 (come Lei sa, prima in Italia e creatrice anche del lemma “Autovelox”, ideato da mio padre) sui limiti di velocità attualmente previsti dalla legge, si possano sviluppare numeri importanti.

Le tecnologie di ripresa fotografica digitale, a nostra disposizione da una quindicina d’anni ormai, rappresentano una base dati notevole e hanno esponenzialmente accentuato la possibilità di rilevare tale fenomeno. In precedenza, gli evidenti limiti di capienza del supporto chimico, ne limitavano grandemente l’autonomia, con l’effetto che le postazioni di rilevamento, soprattutto fisse, esaurivano molto velocemente la loro capacità di immagazzinamento e quindi la loro capacità di “fatturato”. Di fatto, oggi, un Autovelox fisso in autostrada, impostato sui limiti di legge, rileva mediamente 1.000 infrazioni al giorno sulle 24 ore.

Il punto è che la facilità di sviluppare tali volumi di sanzioni deriva dal fatto che, sostanzialmente tutti i cittadini che si trovano a passare su una strada controllata da un dispositivo elettronico, sono potenzialmente in infrazione. Siccome, però, sappiamo che la stragrande maggioranza dei conducenti ha quella che il Codice Civile chiama “diligenza del buon padre di famiglia”, come si concilia con questo fenomeno? A me pare che alla base di questo vi sia una discrasia fra i limiti di velocità e i tempi moderni. I limiti di velocità furono fissati dal Codice della Strada nel 1959, quando i dispositivi di sicurezza attiva e passiva delle autovetture erano enormemente meno efficaci, rispetto a quelli di cui sono dotati la stragrande maggioranza dei veicoli oggi circolanti sulle nostre strade.

Inoltre, allora non esistevano gli Autovelox, e quindi era necessario porre dei limiti, consapevoli che si sarebbe dovuto verificarne solo visivamente l’applicazione, sanzionando quelli che avessero superato in maniera significativa il limite imposto. In altre parole, il principio era: “mettiamo il cartello a 100, almeno gli automobilisti non vanno oltre i 150”. Oggi, però, ci troviamo ad applicare i limiti del 1959 e a verificarne l’applicazione con dispositivi elettronici, che ci di altissima precisione e affidabilità.

Per ovviare a questo fenomeno, fioccano le contromisure:
– Tolleranza sulla lettura strumentale del 5% con minimo di 5 km/h
– Presegnalamento delle postazioni di rilevamento della velocità
– Visibilità delle stesse
– Limitazioni all’utilizzo delle postazioni fisse cosiddette “in automatico”, cioè senza la presenza dell’agente accertatore, solo su autostrade e strade extraurbane principali; su altre è necessaria l’autorizzazione del Prefetto; in città sono proibite
– Limitazioni all’impiego che le forze dell’ordine si danno autonomamente, come ad esempio accensione dello strumento in postazione fissa solo per qualche ora al giorno o per qualche giorno alla settimana, sfidando l’incriminazione per omissione d’atti d’ufficio

Peraltro, esperti legali mi dicono che il presegnalamento delle postazioni di rilevamento della velocità è una vera e propria anomalia giuridica, poiché si pone in netta contraddizione con la semplicità dell’impianto giuridico su cui si fonda il Codice della strada, e cioè che nel caso di una prescrizione violata ne consegue l’applicazione della corrispondente sanzione amministrativa, senza ulteriori condizioni ovvero aggravi procedurali. Il Governo francese ha già provveduto all’eliminazione di tale obbligo – imposto molti anni prima rispetto all’Italia – poiché la percentuale d’incidentalità a causa dell’eccessiva velocità era stato oggetto di un sensibile incremento, con un tasso di mortalità in ulteriore crescita rispetto a quando non era previsto tale obbligo.

Le ricerche dimostrano il chiaro rapporto tra l’eccesso di velocità e la severità delle conseguenze dell’incidentalità medesima, e che le statistiche rilevano che circa il 50% dei decessi ed oltre il 70% degli incidenti e dei feriti si registrano sulle strade urbane. In ottica internazionale, dobbiamo inoltre considerare che è in atto un processo di urbanizzazione, che già nel 2007 ha portato la popolazione mondiale che abita in città a superare il 50% di quella totale del pianeta, e che in tutto il mondo si contano ormai oltre 30 megacity con più di otto milioni di abitanti. In questa prospettiva, l’incidentalità “cittadina” è senz’altro destinata a intensificarsi. In Italia, anche se non ha una dinamica così esplosiva come in altri paesi, è il fenomeno dominante per la sicurezza stradale e – come tale – è stato chiaramente attenzionato dalle autorità nazionali, anche nel quadro europeo e della collaborazione in seno alle Nazioni Unite.

Gli strumenti per la rilevazione delle infrazioni ai limiti di velocità, con particolare riguardo a quelli automatici, cioè utilizzabili in assenza dell’agente accertatore, sono strumenti preventivi, perché contribuiscono alla certezza del diritto e della sanzione, quindi contribuiscono alla cultura della sicurezza stradale e alla riduzione del numero degli incidenti stradali. Nonostante tutto ciò, il vigente Codice della Strada italiano non consente l’utilizzo di sistemi automatici di controllo della velocità, cioè senza la presenza dell’organo accertatore, in ambito cittadino. Tale impossibilità comporta delle oggettive difficoltà per gli organi di polizia stradale – in particolare per la polizia locale – che per carenza di personale o per la complessità della procedura di controllo effettuata con presidio, limitano tale tipologia di controllo o desistono del tutto dall’effettuarla, con grave discapito per la sicurezza stradale. A causa di ciò, un numero considerevole di amministrazioni comunali adopera sistemi alternativi per ridurre la velocità quali dossi artificiali o attraversamenti pedonali rialzati, in difformità a quanto prescritto dal Regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice della strada, creando peraltro ulteriori situazioni di pericolo per gli altri utenti della strada quali ciclisti, motociclisti e ai pazienti trasportati con mezzi di soccorso.

Perciò, sarebbe molto efficace il posizionamento di tali strumenti su tutti quei punti in cui un più alto tasso d’incidentalità della rete stradale possa essere riconducibile ad un diffuso incremento delle velocità, oltre ai limiti prescritti dall’ente proprietario. Tuttavia, singole postazioni isolate sul territorio non avrebbero gli stessi risultati dal punto di vista della pubblica consapevolezza rispetto alla realizzazione di una rete diffusa di punti di controllo. Una distribuzione omogenea sul territorio che coinvolga anche le strade minori, sia in ambito urbano sia extraurbano, si potrebbero idoneamente integrare con i sistemi di misura e repressione dell’eccesso di velocità media, sistemi diffusamente e con successo adottati in ambito autostradale. Questa nuova concezione renderebbe questi strumenti un ausilio di utilità strategica nell’ambito di un progetto integrato di Sicurezza Stradale focalizzato sul conseguimento degli obiettivi di riduzione del numero di vittime stabiliti a livello nazionale ed europeo.

La motivazione politica del divieto di utilizzo dei sistemi automatici di controllo della velocità, si basa proprio sul potenzialmente eccessivo numero di sanzioni elevabili dalle pubbliche amministrazioni locali. Rimuovere questa motivazione avrebbe grandi benefici per la sicurezza stradale, anche perché rimuoverebbe tutti gli ostacoli per un controllo elettronico esteso. Non si capisce, infatti, perché l’utilizzo dell’elettronica debba essere pervasivo nella vita di tutti noi, ma quando si tratta della sicurezza di coloro che frequentano le nostre strade, che siano conducenti, ciclisti, pedoni o neonati, la si debba centellinare per legge.